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LINGUA E TRADUZIONI DELL’ARTICOLO

Esperanto ? Che cos’è ?

Esperanto ? Che cos’è ?

Esperanto è la lingua internazionale neutrale proposta nel 1887 dal medico e poliglotta ebreo Ludovico Lazaro Zamenhof, vissuto nella parte occidentale dell’Impero zarista (oggi Polonia). Zamenhof volle sviluppare e sperimentare, insieme ai colleghi, una lingua di facile apprendimento, regolare, con la speranza che essa venisse poi accolta come seconda lingua internazionale per tutti. Riteneva che l’adozione di una lingua neutrale, patrimonio comune di tutta l’umanità, fosse non solo utile per scopi pratici, ma offrisse anche un forte contributo a più distesi rapporti fra i popoli e alla pace mondiale.

L’esperanto ha già raggiunto un notevole traguardo: da “progetto linguistico” si è trasformato, di generazione in generazione, in lingua vivente oggi parlata da decine di migliaia di donne e uomini di tutti i continenti. Alcuni di loro aderiscono a qualche associazione esperantista. Le due principali sono : UEA (“Universala Esperanto-Asocio” = associazione universale di esperanto), di carattere neutrale, con membri in 114 Paesi; e la più piccola SAT (“Sennacieca Asocio Tutmonda” = associazione mondiale anazionale). Quest’ultima è il luogo di raccolta degli esperantisti “di sinistra” (soprattutto socialisti, anarchici, antinazionalisti) impegnati in attività sindacali, ecologiche, pacifiste.

L’esperanto dimostra costantemente la sua vitalità e offre anche notevoli vantaggi pratici a chi lo parla.

La comunicazione democratica su scala globale.

L’egemonia mondiale di alcune lingue si fonda sulla potenza economica-militare-politica degli Stati che le parlano. I membri di comunità linguistiche non privilegiate comunicano, a livello internazionale, “dal basso all’alto”, nella misura in cui parlano una o più delle lingue egemoniche. Se non ne conoscono alcuna sono per lo più esclusi dalla comunicazione internazionale.

L’uso internazionale di solo alcune lingue nazionali distorce lo scambio culturale e squilibra il flusso delle informazioni a favore delle classi dirigenti egemoniche dei Paesi linguisticamente privilegiati. L’uso di una lingua neutrale e di più agevole apprendimento favorirebbe l’eguaglianza e l’equilibrio globali.

Molti accettano fatalisticamente l’odierna situazione linguistica e alcuni ne traggono vantaggio, in quanto la loro conoscenza di lingue estere conferisce prestigio e facilita la carriera professionale. Ma soprattutto le classi dominanti di molti Paesi hanno motivi per conservare la situazione attuale. Risponde a un loro preciso interesse che la massa dei salariati, maggioranza della popolazione, abbia una conoscenza limitata di altre lingue: in tal modo ha minore accesso alle informazioni e alle opinioni estere dirette, non sottoposte al filtro dei mass media nazionali controllati dall’alto. Anche la comunicazione diretta con lavoratori di altri Paesi ne viene ostacolata. La “globalizzazione dal basso” – concetto spesso ricorrente negli ultimi tempi come risposta alla spietata “globalizzazione dall’alto” del capitalismo – può essere praticata soltanto da persone capaci di comunicare direttamente fra di loro.

L’esperanto è egualitario. E’ uno strumento che offre alle vaste maggioranze dei popoli del mondo la possibilità di comunicare direttamente al di là dei confini linguistici e politici.

L’inglese, da molti considerato come l’effettiva lingua mondiale, non riesce a esercitare tale funzione neppure nell’ambito del limitato gruppo di Paesi relativamente ricchi e forniti di un efficiente sistema scolastico. Il potere mondiale di comando è oggi saldamente detenuto da chi si oppone a un’introduzione generale dell’esperanto; e tuttavia la semplice pratica dimostra che già oggi l’esperanto è un mezzo che permette a chiunque di diventare bilingue e di partecipare a una comunicazione egualitaria al di là di qualsiasi frontiera nazionale e linguistica.

Una lingua che funziona.

L’esperanto può essere appreso in circa un terzo del tempo necessario per apprendere l’inglese o il francese. L’ ortografia è fonetica (un suono = una lettera), la grammatica è regolare e priva di eccezioni. La pronuncia – basata sulle cinque vocali fondamentali – è semplice e chiara: l’esperanto parlato richiama il suono dell’italiano o dello spagnolo.

L’esperanto è una lingua “agglutinante” (come molte lingue asiatiche): le radici e gli affissi basilari possono facilmente combinarsi fra di loro per esprimere concetti più complessi. In tal modo viene drasticamente ridotto il numero degli elementi lessicali da apprendere. Il materiale lessicale risponde al principio della massima frequenza internazionale.

Una lingua utilizzabile per ogni uso può sorgere soltanto da un processo collettivo. Da oltre un secolo hanno luogo congressi e convegni nei quali si parla in esperanto. In esperanto sono state pubblicate decine di migliaia di libri; escono regolarmente un centinaio di riviste; l’esperanto diventa spesso la lingua famigliare quotidiana di coppie di diversa nazionalità (e dei loro figli).

L’esperanto si evolve come ogni lingua vivente – assorbendo nozioni e parole dalle altre lingue e modificando con l’uso i propri mezzi espressivi – ma senza perdere le proprie unità, semplicità, regolarita.
Quale il futuro dell’esperanto ?

La comunità esperantofona rimane stabile in Europa e negli ultimi decenni si è rapidamente diffusa in alcune regioni extraeuropee (Cina, Iran, Africa). L’esperanto ha ottenuto riconoscimenti molto al di là di quanto generalmente risaputo – benché ancora largamente insufficienti a dargli la spinta decisiva per diventare la seconda lingua di ogni popolo. Nel 1954 l’ UNESCO riconobbe ufficialmente i “risultati ottenuti per mezzo dell’esperanto nel campo degli scambi internazionali e dell’avvicinamento dei popoli”. Da allora la UEA collabora regolarmente con altre ONG (organizzazioni non governative) in diversi gruppi di lavoro dell’UNESCO. Nel 1985 la stessa UNESCO ha ufficialmente raccomandato agli Stati-membri di incrementare la conoscenza del problema linguistico e dell’esperanto nei propri sistemi scolastici.

Alcuni Paesi hanno introdotto l’esperanto come materia di studio facoltativa. L’Università di Budapest ha una Facoltà di esperanto; altre Università offrono corsi in esperanto o di ricerca sull’esperanto. Istanze locali pubblicano regolarmente materiali informativi in esperanto; stazioni radio di numerosi Paesi diffondono, in onde corte o per satellite, programmi quotidiani o settimanali in esperanto (le più note: radio Pekino, Vaticano, Avana, Varsavia).

La rete sempre più fitta della comunicazione su scala mondiale, insieme alla globalizzazione capitalistica, presenta alla classe lavoratrice una crescente sfida – la sfida di far progredire coscientemente la globalizzazione dal basso. L’esperanto offre a tutti la possibilità di ottenere facilmente una prima competenza linguistica – in seguito estendibile ad altre lingue. Nella comunità esperantofona i temi della politica linguistica mondiale vengono costantemente trattati e approfonditi. In tal modo l’esperanto offre il proprio contributo alla cultura linguistica delle classi non privilegiate della società. E’ improbabile che la politica mondiale pervenga – almeno in prevedibili tempi – a una risoluzione favorevole all’esperanto; ciò malgrado la lingua già da decenni si dimostra vitale e capace di attrarre adepti in numero crescente.

Molti già oggi utilizzano l’esperanto.

Molte persone, dopo un modesto lavoro di apprendimento, hanno ottenuto per mezzo dell’esperanto contatti diretti su scala mondiale. La maggioranza di coloro che parlano in esperanto accentuano l’aspetto pratico della lingua piuttosto che quello politico: la usano nei loro viaggi per incontrarsi con amici; trovano nuovi contatti negli indirizzari del “Pasporta Servo” (servizio-passaporto) che offre indirizzi in 89 Paesi di persone disposte a ospitare per brevi periodi viaggiatori e turisti esperantisti. Nel corso di tutto l’anno avvengono incontri internazionali, conferenze, iniziative del tempo libero, campeggi: spesso vi si trattano i temi sociologici e politici dell’attuale mondializzazione.

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